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Versione a cura di Dino Ticli
dal sito
Letture per i giovani
www.letturegiovani.it
SOMMARIO
ALADINO E LA LAMPADA MAGICA
ALI' BABA' E I QUARANTA LADRONI
ALADINO E LA LAMPADA MAGICA
In una lontana città dell'Arabia vivevano Aladino e sua madre, vedova e inferma. Il
giovane Aladino era obbligato ad ogni genere di mestiere per aiutarla a sopravvivere. Un
giorno, uscendo di casa, il giovane venne interrogato da un uomo anziano che gli disse:
- Sei tu il figlio di Chin Fu, il sarto?
- Si - confermò Aladino.
- Ah! Per fortuna ti ho trovato! Sono il fratello di tuo padre. Prendi questa borsa d'oro e
portala a tua madre. Abbiamo avuto dei buoni guadagni negli affari. Questa sera verrò a
cena da voi e vi spiegherò tutto.
L'allegria della vedova fu maggiore nel ricevere il denaro che nel sapere dell'esistenza del
cognato, cosa che ignorava. Così, quella sera...
- Tu e tuo figlio dovete considerarmi come uno della famiglia.
Così disse l'uomo anziano e, grazie al suo denaro, si conquistò la fiducia della vedova.
Qualche giorno dopo, lo zio domandò ad Aladino che lo accompagnasse appena fuori
città.
- Voglio mostrarti qualche cosa che nessuno ha mai visto - disse lo zio - raccogli qualche
ramo per accendere il fuoco.
Aladino fece come gli era stato chiesto. Quando il fuoco si spense lo zio tracciò una riga
nelle ceneri e come per magia una botola apparve.
- Qui sotto c'è un tesoro immenso che ci permetterà di essere i più potenti del mondo.
Devi solo obbedirmi ciecamente. Ora pronuncia il tuo nome, quello di tuo padre e di tuo
nonno e vedrai...
- Sono Aladino, figlio di Chin Fu e nipote di Alì.
La botola si aprì facilmente rivelando una scala lunghissima che si perdeva nell'oscurità.
- Fai attenzione, Aladino. Scenderai dodici scalini, arriverai ad una sala dalla quale si
dipartono tre stanze. Nella prima ci sono monete d'oro, non le toccare. Nella seconda
vedrai alberi carichi di frutti, che dovrai lasciare dove sono. Ti dirigerai nella terza stanza
dove troverai una lampada di rame. Raccoglila e al tuo ritorno potrai prendere ciò che
vorrai.
Aladino scese nel sotterraneo e obbedì fedelmente. Compiuta la missione si avvicinai
tesori immensi contenuti in quelle stanze e pensò di portare un regalo a sua madre.
Raccolse un po' di pietre preziose e monete d'oro poi raggiunse la botola.
- Aiutami ad uscire, zio - pregò il ragazzo. - Non riesco con tutto questo peso...
- Prima dammi la lampada! Ti sentirai più leggero!
- Fammi uscire...
- O mi passi la lampada o ti lascio chiuso qui dentro.
Aladino arretrò costernato. Il tono minaccioso dell'uomo non lasciava presagire nulla di
buono. In realtà, quello che si spacciava per il fratello di Chin Fu, altri non era che un
mago africano che aveva decifrato una pergamena con il segreto della caverna nella
quale erano custoditi tutti quei tesori e una lampada magica. Poiché il giovane non voleva
consegnare la lampada, il falso zio, incollerito, lo buttò giù per la scala e chiuse
fragorosamente la botola.
Così il povero ragazzo rimase prigioniero per tre giorni e tre notti, senza bere, mangiare e
tantomeno uscire. Quando era la colmo della disperazione, rassegnato ormai a morire,
strofinò casualmente la lampada. Improvvisamente il sotterraneo si illuminò di una luce
vivissima. Di fronte allo stupefatto Aladino, apparve un enorme genio che disse:
- Sono il genio della lampada, cosa ordini padrone?
Appena ripresosi dallo stupore il giovane parlò:
- Voglio uscire di qui e voglio mangiare e bere fino a scoppiare.
Non aveva concluso la frase che si trovò seduto in un campo all'aperto, contornato da
vivande degne dell'imperatore. Dopo aver mangiato e placato la sete, Aladino si apprestò
a rincasare.
Lungo il cammino decise di non raccontare nulla a sua madre per non inquietarla. Durante
qualche mese vissero nell'agiatezza poi, finiti i denari, si ritrovarono ancora in miseria.
Aladino si risolse allora a utilizzare di nuovo la lampada magica. Il genio apparve e disse:
- Cosa comandi, padrone?
- Vogliamo da mangiare.
E subito fu apparecchiata una ricca tavola. Il giovane spiegò tutto alla madre,
meravigliatissima e lei lo consigliò:
- Non so cosa significhi tutto ciò ma deduco che si tratta di uno spirito infernale. Sarebbe
meglio gettare via la lampada.
- No, madre. Ci farà ricchi e potenti.
Il giorno seguente Aladino confidò a sua madre un grande desiderio.
- Vorrei sposarmi con la Principessa Amina. Ti chiedo di andare a palazzo dal Sultano e
chiedere la mano di sua figlia per me.
- Sei pazzo? Il Sultano mi farà decapitare!
- Non accadrà. Porteremo pietre preziose in quantità. Le prenderò dalla caverna che ti
dissi.
E così fecero. Il Sultano apprezzo molto i doni e si consigliò con il Gran Visir.
- Cosa debbo fare? Le pietre sono bellissime ma non sono convinto di lasciare in sposa la
mia unica figlia ad uno sconosciuto...
- Prendi tempo, o mio Sultano. Devi dire che accetti la possibilità del matrimonio ma che
vuoi sei mesi di tempo per decidere definitivamente.
Il Sultano così disse alla madre di Aladino che riferì tutto al suo figliolo. Poche settimane
dopo una notizia si sparse in città: il figlio del Gran Visir voleva sposare la Principessa
Amina. Subito Aladino sfregò la lampada e ordinò al genio:
- Vai da questo pretendente e portalo così lontano da qui che non possa tornare prima di
parecchi giorni. Poi fammi incontrare con Amina.
Il genio obbedì e quando la Principessa si trovò di fronte il ragazzo, costui le disse:
- Tuo padre non ha mantenuto la parola data, i nostri accordi erano ben diversi. Per
questo sono qui.
Bisogna dire, a onor del vero, che la Principessa si innamorò subito di Aladino e non
voleva saperne di sposare il figlio del Gran Visir. Il giorno seguente, con l'aiuto del genio,
ottennero due magnifici cavalli e uno stuolo di servitori e gettando monete d'oro per le
strade, si diressero tutti a palazzo.
Il popolo acclamava quel generoso benefattore e il Sultano, scoperto che il Gran Visir
complottava per far unire in matrimonio suo figlio alla Principessa, decise senz'altro di
concedere ad Aladino la mano di sua figlia. Le nozze furono celebrate subito e con grande
sfarzo. I due sposi, felici, partirono per un lungo viaggio di nozze.
Durante la loro assenza il falso zio di Aladino cercò di rubare la lampada ma le guardie del
palazzo, che la custodivano gelosamente, lo scoprirono e il malvagio mago fu decapitato
sulla pubblica piazza.
Aladino rimase l'unico a conoscenza del meraviglioso segreto della lampada e la utilizzò
solo per dare prosperità e felicità ai suoi sudditi, oppure per difendere il suo regno da
tentativi di invasione. Così il timore della madre, che pensava al genio della lampada
come ad un essere infernale, risultò infondato.
Con il passare degli anni la storia divenne legenda e nessuno seppe più nulla della
lampada magica. Molti continuarono a cercarla... Dicono che Aladino la gettò in fondo al
mare... Chi lo potrà sapere?
ALI' BABA' E I QUARANTA LADRONI
In una città della Persia vivevano due fratelli: Cassin e Alì Babà. Non erano affatto ricchi,
perché il loro vecchio padre, morendo, aveva lasciato soltanto un piccolissimo podere,
che essi avevano diviso a metà. Ma le cose erano andate diversamente per i due fratelli:
Cassin aveva sposato una donna ricca, che gli aveva portato in dote un magazzino pieno
di mercanzia, e nel giro di pochi mesi era diventato il più ricco mercante della città.
Alì Babà aveva sposato una donna povera come lui, e per mantenere i suoi figli non
aveva altro mezzo che tagliare la legna nella foresta che sorgeva al limite della città.
E fu proprio nella foresta che cominciò la grande avventura di Alì Babà, il povero
boscaiolo. Un giorno, mentre stava caricando i tre asinelli che rappresentavano tutta la
sua ricchezza, vide avvicinarsi una grande nuvola di polvere e, in mezzo alla polvere, un
numero imponente di cavalieri.
Per quanto non si sapesse della presenza di ladroni in quella parte del paese, pure Alì
Babà ebbe subito il sospetto che proprio di ladroni si dovesse trattare.
Senza preoccuparsi dei suoi asinelli, nascosti alla meglio tra i cespugli e i tronchi, il povero
boscaiolo si arrampicò sopra albero e si nascose in modo tale de vedere tutto senza
essere veduto. L'albero cresceva proprio vicino ad una grande roccia che sembrava un
isolotto in mezzo alla foresta; le sue pareti erano così ripide e prive di appigli che nessuno
uomo avrebbe potuto scalarle. Il cavalieri, che erano tutti alti, robusti e ben equipaggiati,
appena arrivarono ai piedi della roccia smontarono da cavallo. Alì Babà, dall'alto del suo
albero, ne contò quaranta e dal loro aspetto ebbe la certezza che essi erano veramente
dei predoni e senz'altro fra i più feroci.
Egli non si sbagliava. Erano infatti quaranta ladroni, tutti della stessa banda, che avevano
il loro punto di ritrovo nella foresta.
Ogni cavaliere tolse dalla groppa del proprio cavallo un sacco pieno di orzo e lo attaccò al
collo della bestia dopo averla liberata dalla sella e dalle briglie. Poi ognuno di loro prese
altri sacchi e altri involti che aveva con sé e Alì Babà pensò subito che contenessero gli
oggetti rubati. Il più alto dei ladroni si mise davanti seguito dagli altri trentanove;
percorsero pochi passi tra i cespugli e gli arbusti e si fermarono dinanzi alla parete di
roccia dove il capo pronunciò a voce alta e chiara:
- Sesamo apriti!
Subito una porta si aprì nella parete: i ladroni entrarono uno dietro l'altro, seguiti dal capo
che entrò per ultimo e la porta si richiuse alle sue spalle. Alì Babà fu preso da un grande
stupore di fronte a questa magia misteriosa. "Sesamo, apriti...Che strane parole! Devo
ricordarle anch'io" pensò tra sé. "Ma che cosa ci sarà mai in quella roccia? Deve essere
molto grande se hanno potuto entrarci ben quaranta uomini!". Alì Babà teneva gli occhi
fissi all'apertura della roccia e, un po' per la paura di essere scoperto, un po' per la
curiosità di vedere che cosa stava succedendo, non osò muoversi.
Passò molto tempo; alla fine la porta si aprì e ne uscirono i quaranta ladroni preceduti dal
capo che disse a voce alta:
- Sesamo, chiuditi!
E la porta si richiuse pesantemente alle loro spalle. Allora i ladroni rimontarono a cavallo e
si allontanarono in una nuvola di polvere. Alì Babà non scese subito dall'albero. Pensava
tra sé: "Se avessero dimenticato qualche cosa e tornassero indietro, mi troverei in un bel
guaio!".
Il boscaiolo attese prudentemente ancora un po' di tempo. Qualche ora dopo, si calò
dall'albero: passò attraverso i cespugli e, giunto davanti alla parete della roccia, provò a
ripetere a voce alta e chiara le parole magiche:
- Sesamo, apriti!
La roccia si aprì, ma, al contrario di quello che Alì Babà aveva temuto, non nascondeva
una caverna oscura e tenebrosa. L'interno era vasto e splendidamente illuminato, poiché
un'apertura dall'alto faceva liberamente entrare aria e luce. Intorno erano accatastate
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